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La lobby delle armi ringrazia: Treehouse

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Prologo: qualche tempo fa sono venuta a conoscenza di un utile vademecum per ragazzi americani chiamato My Parents Open Carry. Già il titolo grida vendetta alla lingua inglese ma passiamo ai contenuti: il tomo illustra con calma i motivi per cui una ragazzina non dovrebbe trovarci nulla di strano se i suoi genitori vanno in giro armati, anzi dovrebbe sentirsi tranquilla e protetta. Il nome del capofamiglia? DICK STRONG. Non sto scherzando. Cercate in rete. Quando vi siete asciugati le lacrime tornate qui che vi parlo del film di oggi.

Dick Strong e la sua famiglia felice.

Dick Strong e la sua famiglia felice.

C’è un paesino americano qualsiasi; c’è un mostro che fa sparire i bambini; c’è una ragazzetta furbissima che va per i campi in cerca del fratellino scomparso, scalza ma armata di fucile. Finisce coi piedi pieni di cocci di vetro, senza fucile e nascosta in una capanna su un albero. Cosa le è successo? Cosa sono le urla che sente mentre guarda terrorizzata verso il bosco? Chi o cosa l’ha portata lì sopra, visto che con quei piedi non può muovere un passo?

C’è anche un ragazzino complessato, debole nel fisico e nell’anima, schiacciato dai compagni di scuola che corrono più veloci, da un fratellone figo che conosce il significato del verbo “limonare” e da un padre manesco e scemo di guerra (Clint James, il miglior attore della truppa). Una notte i due fratelli scoprono la ragazzina nella capanna: il figo va a cercare aiuto, lo sfigato rimane lì a fare amicizia con la tipa e ad affrontare prove iniziatiche telefonatissime che lo porteranno verso l’età adulta. Intanto i ragazzi devono anche nascondersi dal mostro che va in giro ad ammazzare la gente e ad appenderne i cadaveri sugli alberi a 50 metri da terra.

Siore e siori, un archetipo

Siore e siori, una prova iniziatica

Fin qui tutto bene, la tensione è ben costruita, la fotografia imbastisce dei buoni giochi di ombre e tenebre, i dialoghi fra i due ragazzi sono credibili e ben congegnati; i due giovani attori non saranno il massimo dell’espressività e il “sangue” si reduce a quattro ditate di rossetto in faccia, ma l’impegno dopotutto si sente. Nell’aere persiste un lieve sentore di maccosa, ma sicuramente è da imputare alla presenza del mostro, un essere chiaramente sovrannaturale che fa succedere cosa strambe e senza senso. Certo, deve esserci una spiegazione. Dopotutto il regista è Mike Bartlett, di cui ho già coperto gli sforzi registici; per sua stessa ammissione, dopo essersi dedicato a zombie e fantasmi, il regista inglese trapiantato in America (meglio precisarlo, alla luce di ciò che leggerete) ha voluto dedicarsi a una storia di “coming of age”, e questo lato del film è chiarissimo. Per quanto riguarda il lato misterioso, la seconda parte farà luce su tutto il casino e io sarò soddisfatta; o no?

"Cicciolina, povera illusa..."

“No, Cicciolina. No.”

Ed eccolo, finalmente, il dénouement! Eccolo, il cattivo, anzi (SPOILERINO-INO) i cattivi! E qui iniziano i problemi, perché l’unica parola che può commentare l’arrivo dei cattivi è il monosillabo “no”.

No.

NO.

NO, CRISTO SANTO.

NO perché a questo punto ti viene da ripensare a tutto ciò che è successo fino ad allora e ti chiedi “Ma come cazzo/ma perché cazzo/ma quando cazzo”, e delle due l’una: o Bartlett stava leggendo due sceneggiature diverse insieme, è inciampato nel cavo del computer e ha mischiato tutti i fogli, o i tre sceneggiatori (Bartlett incluso) hanno fatto un gran casino. Ecco: a questo punto il vago aroma di maccosa che si percepiva nella prima metà diventa esponenzialmente intenso e puteolente; è ora di legarvi la mascella bella stretta, amici, altrimenti vi cade dalle scale e non la ritrovate più. E dire che pareva andare tutto bene, e dire che rispetto ai suoi film precedenti, piuttosto noiosetti,  Bartlett sembrava aver trovato un linguaggio discretamente efficace – e invece NO. Per mettervi nelle condizioni giuste prima di andare avanti, riguardatevi il filmatino di questo eroe dell’Università della Strada e gioite; cosa c’entra col film? Non troppo, ma qualcosa sì.

//www.youtube.com/watch?v=dMJZakLj3h8

Voglio metterlo in chiaro fin dall’inizio: mentre tutta la prima parte di Treehouse regge piuttosto bene, la seconda è un disastro dal punto di vista cinematografico, prima ancora che morale. Le incongruenze si ingigantiscono, la regia si sfilaccia, le motivazioni latitano e la storia prende strade sempre più sensazionalistiche e insulse. C’è una sequenza di inseguimento nei boschi, una farsa che veramente io non so come spiegare a meno che non si svolga in una cazzo di ipotetica dimensione parallela in cui le leggi della fisica, dello spazio e della verosimiglianza non esistono: fatemi capire, un ragazzetto asfittico e una ragazzetta dai piedi martoriati sgominano cattivi che hanno già fatto non so quante vittime? Eh? Ma stiamo scherzando? Poi arriva una sorta di deus ex machina, nel senso di automobile, e qui il film entra in un interessantissimo, ancorché probabilmente involontario, METAFORONE: così come l’automobile per un po’ va dritta, poi sbanda, balla un po’ e infine si spiaccica, così fa anche Treehouse. Prima parte niente male, seconda parte balorda, finale fuori da ogni logica. L’intero snodo narrativo, cioè l’automobile spiaccicata e quel che ne consegue, è trattato con una superficialità che finora era stata avvistata solo dalle parti di Ooga Booga – non in senso razziale ma squisitamente, umanamente morale. Non so se sia meglio o peggio e non voglio neanche chiedermelo.

Quando il “coming of age” arriva a compimento, il vero significato di Treehouse appare evidente, ed è il gradito ritorno di un nostro vecchio amico: il fascinema! Secondo Bartlett, la differenza fra “adolescente frustrato” e “ragazzo maturo” sta nel fatto che quest’ultimo corrisponde a “adolescente tuttora frustrato che maneggia le armi per imitare il padre pazzo e violento e andare in giro a ripulire il Paese dai suoi mali”. Ora, che l’America fosse questa lo sapevamo; che fosse una buona cosa, no. Che poi, dal film non si capisce mai per quale criterio un padre delirante con gli occhi iniettati di sangue che passa il tempo a tormentare i familiari sia un modello di vita positivo per il figlio chiaramente succube. Fino all’ultimo fotogramma ho sperato che il finale si rivelasse onirico, partorito dalla mentalità di un adolescente frustrato che maneggia eccetera, e invece no!, è proprio la mentalità di Bartlett ad essere quella di un adolescente frustrato che eccetera.

Ti sei accorta che io sono un ometto?

Ti sei accorta che io sono un ometto?

Ora: so cosa state pensando. Io scrivo per un sito di cinema di menare. Io amo il cinema di menare. Io amo il cinema ultraviolento, soprattutto all’arma bianca. Amo gli stuntman che compaiono su IMDb e il giorno dopo sulla pagina dei necrologi. Amo i duelli e i trielli. E a ben guardare, Treehouse non è poi così violento; non ci sono particolari scene truculente, si mostrano gli effetti del crimine più che il crimine stesso, e questa a onor del vero è una scelta non scontata. Ma è la totale mancanza di problematicità dietro il film a fare paurissima: la storia sfoggia una semplicistica assenza di senso critico che lo rende adatto o ad un pubblico trigger-happy e dal QI offensivamente basso, o all’uso propagandistico per la prossima campagna di Sarah Palin. Attenzione, la cosa che mi fa incazzare è che questo non è un film apertamente, coraggiosamente militarista e nemmeno un prodotto subdolo, che imbastisce attentamente una storia allo scopo mirato di giustificarla con l’apologia dele armi; questo è un film che la parola “apologia” non l’ha mai sentita, non sa cosa vuole dire e non ha voglia di cercarla sul vocabolario. E’ un film stupidotto, proprio come l’adolescente frustrato di cui sopra, che risolve le situazioni (di regia, di sceneggiatura, di narrativa) a modo suo e non ci arriva a capire che di modi ce ne sono altri.  Guardate Treehouse solo se avete valori come Dio, patria e famiglia; oppure, se ci riuscite, per il LOL.

La protagonista fra qualche anno

La protagonista di Treehouse fra qualche anno

 

 

DVD-quote:

“Dio, Patria, Famiglia e LOL”
Cicciolina Wertmüller, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer


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